Ciò che oggi intendiamo per dialetto romano (o romanesco) è qualcosa di molto simile all'italiano, tanto da essere considerato più una "parlata" che un dialetto vero e proprio, esso infatti appartiene da secoli a quel filone dialettale del centro Italia e in particolare della Toscana che fu portato in città dagli immigrati di questa zona all'indomani del 1527, quando la città fu aggredita e spopolata dalle devastazioni dei Lanzichenecchi: la grammatica non si distacca di molto da quella italiana, ed un italofono può capire buona parte di un discorso in romanesco. È una lingua popolare in continuo sviluppo, ricca di espressioni e modi di dire. Attualmente il vecchio romanesco, si evolve in nuove forme e modi di dire che rispecchiano la complessità della vita odierna rispetto a quella del passato.
Il vocabolario del dialetto di Roma è quasi interamente uguale a quello italiano, le parole differiscono però a causa di alcuni cambiamenti fonetici, i principali sono i seguenti:
-il ROTACISMO, ovvero il cambio della /l/ in /r/ quando è seguita da consonante (es: dorce)
-il CAMBIO del SUONO della “S†preceduta da consonante, in “z†col suono /ts/ (es: perzona /per’tso:na/; "sole"="sole" ma "il sole"="er zole"
- il CAMBIO del SUONO /nd/ in /nn/ (es: quanno) processo noto come "assimilazione progressiva".
-il cambio /ld/ in /ll/ (es: callo) e il cambio /mb/ in /mm/ (es: piommo).
-l’indebolimento della doppia “râ€, che non esiste in romano (es: azzuro, verebbe; riassunto nel noto detto: "Bira, carozza e guèra, co ddu' ere, sinnò è erore"...)
-il dittongo “uo†dell'italiano in romanesco si riduce in “ò†(es: bòno =buono; còre = cuore)
-la scomparsa delle vocali in inizio parola quando seguite da “n†ed "m" nasale (es: ‘ndicà = indicare ; ‘n = un / in ; "'mparà " = imparare)
-la riduzione di “gli†in “jj†o “j†o la sua totale scomparsa (es: maja = maglia; fijjo = figlio; famija = famiglia)
-la vocalizzazione della “l†negli articoli, nelle preposizioni articolate, e nelle parole in cui è preceduta e seguita da “i†(es: ‘o ‘a ‘e = lo la le; dô dâ â ao = dello della alla allo; mïone = milione; bïardo = biliardo; òjo = olio)
-la vocalizzazione della “v†quando è intervocalica, essa diventa una lettera quasi muta che viene a pronunciarsi quasi come /β/ od a scomparire totalmente (es: “uva†quasi si pronuncia /’u:a/.
-Le II e III persone plurali dei verbi avé e dové (avere e dovere) “avemo, avete, dovemo e doveteâ€, divèntano “amo, ate, demo, deteâ€)
-il cambio del gruppo "ng" in "gn" (es: "piagne" = piangere)
-il raddoppiamento delle consonanti in inizio parola se precedute da parole tronche (esattamente come in italiano),il suono della “b†che si pronuncia quasi sempre come se fosse doppia (es: Chi è cche pparla?; Sei popo bbòna! = sei proprio bella!)
-l'utilizzo della particella “ne†come rafforzativo di affermazioni e negazioni (es: Sine = si, sicuramente; None = no, per nulla!)
-il cambio del suono della "c" dolce, quando si trova in posizione intervocalica, in "sc" - con valore più debole rispetto al medesimo nesso "sc" dell'italiano - (es: cucina = "cuscina", dieci = "diesci"
cui in romanesco il Belli faceva invece corrispondere il nesso "ssc" da lui ideato (es: pesce = "pessce"
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Ho scritto tutto questo per arrivare a chiedere:....C'è qualcuno di Roma (o dintorni)?