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Il titolo, scherzoso riferimento alla grande passione per i funghi di John Cage, è in realtà un acronimo che svela la natura dell’opera in questione. Il lavoro è infatti una stanza interattiva nella quale una moltitudine di fogli virtuali cadono da un grosso scatolone appeso al soffitto. Ciò avviene grazie al pubblico, che per interagire deve lanciare palline di spugna contro lo scatolone stesso per farlo oscillare.
Ogni foglio mostra come immagine una foto scelta da un database in continuo aggiornamento, al quale gli stessi visitatori possono contribuire, mandando via BlueTooth immagini dal proprio cellulare.
L’accumulo dei fogli virtuali sul pavimento genera un ammasso cartaceo che viene a sua volta continuamente analizzato da un indice, generando in questo modo un inviluppo che controlla alcuni parametri applicati su una sorgente audio: un microfono che raccoglie in diretta il paesaggio sonoro esterno.
Su questo imaginary landscape si stagliano, nei momenti di interazione, brevi frammenti tratti da “Fontana Mixâ€, brano di Cage composto estraendo in modo casuale pezzi di nastro da uno scatolone.
Come succedeva nel celebre brano di Cage intitolato 4’33’’, anche qui è il pubblico a determinare il contenuto dell’opera; inoltre, l’utente prende parte alla definizione della forma stessa, in maniera più o meno consapevole e, in ogni caso, filtrata dall’alea.